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Cancro alla tiroide ed esposizione alle radiazioni, il caso Corea del Sud
La Corea del Sud negli anni 2008 e 2009 ha vissuto una vera e propria epidemia di cancro alla tiroide, la forma tumorale più comune diagnostica anche in altri 9 paesi tra i quali gli Stati Uniti.
Nel corso degli ultimi due decenni infatti più paesi hanno avuto un notevole aumento dell’incidenza del cancro alla tiroide, pur senza un concomitante aumento della mortalità.
Secondo i dati forniti dalla International Agency for Research on Cancer e contenuti nel database di riferimento Cancer Incidence, il tasso di rilevamento del cancro alla tiroide è più che raddoppiato in Francia, Italia, Croazia, Repubblica Ceca, Israele, Cina, Australia, Canada e Stati Uniti.
L’esperienza vissuta dalla Corea del Sud suggerisce che questi paesi hanno visto solo la punta dell’iceberg di una potenziale epidemia legata ad un tipo di tumore che è diventato improvvisamente così diffuso in almeno 10 paesi.
Secondo l’American Cancer Society, benché per alcuni tipi di cancro non sia ancora stata scoperta l’esatta causa, per diversi è stata rilevata una correlazione degli stessi con l’aumento dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti subite dalla popolazione.
Il vero quesito su cui riflettere e dal quale partire per non perdere tempo è quello se l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche emesse dai telefoni cellulari e telefoni cordless contribuisca realmente al diffondersi del cancro alla tiroide, organo situato in una zona del corpo spesso a diretto contatto con le apparecchiature di cui sopra.
In particolare in Corea del Sud dal 1993 al 2011 si è assistito ad un aumento progressivo del cancro alla tiroide nella popolazione con il raggiungimento del 70% nel solo anno 2011.
Nel 2013 diversi scienziati israeliani hanno riportato i risultati preliminari dell’indagine relativa al possibile legame tra radiazioni provenienti dai telefoni cellulari e lo sviluppo del cancro alla tiroide; in particolare nel Beilinson Hospital a Petah Mikva e alla Tel Aviv University, sono state evidenziate per la prima volta le connessioni tra radiazioni e cancro.
Negli esperimenti condotti, le cellule tiroidee umane provenienti da pazienti sani sono state sottoposte a radiazioni con un dispositivo opportunamente progettato che simula la radiazione elettromagnetica emessa dai telefoni cellulari.
Le cellule tiroidee irradiate proliferavano in maniera più elevata rispetto a quelle non irradiate e facenti parte del gruppo di controllo.
La comunità scientifica internazionale è divisa per quanto riguarda il collegamento dimostrato dai ricercatori israeliani, tra i quali Raffaele Feinmesser a capo del Beilinson Hospital.
Molti infatti affermano che poiché le radiazioni cellulari non sono ritenute ionizzanti e quindi incapaci di causare delle variazioni nel DNA cellulare, le stesse non possono essere considerate in grado di causare il cancro.
Ma negli ultimi anni ulteriori studi hanno dimostrato una relazione tra l’aumento dell’esposizione alle radiazioni cellulari e le crescite cancerose, soprattutto a livello del cervello e delle ghiandole salivari; e trovandosi la tiroide nel collo, alla stessa distanza dall’orecchio e dalle regioni del cervello dove sono state riscontrate le escrescenze cancerose, è doveroso puntare lo sguardo in quella direzione.
Non a caso in Israele all’incidenza del cancro alla tiroide è corrisposto un aumento dell’uso dei cellulari, fenomeno riscontrato nel corso di più di un decennio.
Il cancro è di tre volte più comune nelle donne rispetto agli uomini, con 16,6 casi ogni 100 persone e dal 1990 al 2007 il tasso della patologia è aumentato del 67% tra le donne ebree e del 250% tra le donne arabe.
#ConteMascetti
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