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Cellulari, proteggiamo i bambini
L’Italia occupa il primo posto in Europa per il numero dei cellulari e per l’età media dei suoi possessori che si abbassa sempre di più, vale a dire che sono sempre di più i bambini che utilizzano regolarmente un dispositivo.
Oltre agli evidenti danni relativi allo sviluppo psichico e sociale che ne possono derivare, le onde elettromagnetiche hanno un effetto devastante su bambini che, anziché trascorrere il proprio tempo libero a socializzare all’aria aperta, rimangono incollati ad apparati i cui rischi sono già stati ampiamente definiti per quanto riguarda gli utilizzatori adulti.
Esisterebbe un rapporto causa effetto tra l’esposizione al campo magnetico a bassa frequenza da parte dei bambini e l’insorgenza della leucemia infantile.
Due ricercatori americani, la Dott.ssa Nancy Wertheimer e il Dott, Leeper, già nel 1979 rilevarono il fenomeno studiando la popolazione dei minori di comunità residenti vicino a linee elettriche ad alto voltaggio.
Più recentemente nel 1993 tre progetti portati avanti in Svezia, Finlandia e Danimarca, non solo confermarono gli studi precedentemente effettuati, ma indicarono un aumento dei rischi di tumori cerebrali e leucemia nei bambini residenti in abitazioni sottoposte a livelli di induzione superiori a 0,2 e 0,4 µT, ovvero 0,2 e 0,4 micro Tesla; il Tesla è l’unità di misura internazionale utilizzata per misurare l’induzione magnetica e il micro Tesla, utilizzato per misurare campi elettromagnetici a bassa frequenza, corrisponde a un milionesimo di Tesla, ovvero 10 milliGauss.
Se già la IARC, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, aveva inserito nel 2001 il campo magnetico a bassa frequenza in categoria B2, ovvero potenzialmente cancerogeno, l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2000 si era espressa affermando che, pur non essendoci nessuna prova convincente che l’esposizione a campi magnetici a bassa frequenza potesse provocare danni al DNA e quindi processi di cancerogenesi, è giustificabile applicare rigorose precauzioni nell’utilizzo dei cellulari, soprattutto quando si parla di bambini.
Poiché i casi di leucemia infantile potenzialmente legati alla presenza di campi elettromagnetici rappresenterebbero il 4,9% sul totale dei casi di leucemia, si è arrivati alla conclusione che la relazione tra l’incidenza della patologia e l’esposizione a campi elettromagnetici è non solo limitata ma incerta.
Questo non dovrebbe comunque esortarci al concedere a bambini l’utilizzo di un cellulare che, al di là di presunte implicazioni di rischi sanitari, per certo hanno un impatto significativo sull’educazione e lo sviluppo sociale.
#ConteMascetti
www.protezioneondeelettromagnetiche.it